sabato 18 gennaio 2014


SIAMO NELLA BRACE...IL MECCANISMO DI RISOLUZIONE UNICO!
I documenti ora pubblicati relativi alla programmata Unione Bancaria mostrano non solo che si tratta della “legge più complicata mai stilata nell’UE”, come descritto dal sito euinsider.com, ma anche che essa conferisce poteri senza precedenti ad un organo ristretto di funzionari non eletti di gestione del settore privato dell’economia delle nazioni, dopo che il settore pubblico è già sotto la giurisdizione della Troika, e rendere le riforme vere quasi impossibili.
La proposta di legge esclude anche ogni tentativo da parte di stati membri dell’UE di muoversi nella direzione di una vera separazione bancaria alla Glass-Steagall. Costruire steccati tra le attività bancarie “crea ostacoli all’esercizio delle libertà fondamentali e distorce la competizione nel mercato interno”, recita il testo del trattato intergovernativo per un Meccanismo di Risoluzione Unico (SRM).
La proposta dell’UE dello “steccato” (ringfencing) era contenuta nel rapporto della Commissione Liikanen presentato nell’ottobre 2012, ma è stata ritardata dalla Commissione in modo che per quest’anno non se ne farà niente, mentre è prevista una direttiva sulla materia entro la primavera. Questo rende credibile quanto pubblicato dal Financial Times il 5 gennaio, e cioè che il Commissario Michel Barnier sta lavorando ad una versione annacquata della proposta, già blanda, dello steccato di Liikanen.
Per quanto riguarda le risoluzioni (liquidazioni) bancarie, si tratta di un tema estremamente importante, perché regola il controllo della struttura di potere delle banche e dei loro clienti in una nazione. Il processo inizia con la decisione di mettere in liquidazione una banca. Da quel momento in poi, potrebbe essere applicata una delle scelte seguenti: la banca potrebbe essere venduta o ricostituita sotto una nuova gestione; i suoi attivi potrebbero essere trasferiti a istituti-ponte (bad banks); gli attivi potrebbero essere venduti; o, con il bail-in (prelievo forzoso), i debiti nei confronti degli obbligazionisti e dei risparmiatori potrebbero essere cancellati o convertiti in azioni. In aggiunta, si può attingere al fondo di risoluzione.
Le procedure di liquidazione sono descritte in una bozza di direttiva dell’UE che non può essere respinta dagli stati membri. Per essere applicata, tuttavia, c’è bisogno che venga ratificato il nuovo Trattato RSM.
Tale trattato istituisce un Fondo di Risoluzione Unico e una speciale autorità UE per gestire le banche in crisi chiamato Meccanismo di Risoluzione Unico (SRM). Contrariamente a quanto precedentemente annunciato, i governi sono completamente esclusi dalla nuova istituzione, che sarà diretta da un consiglio (board) di cinque persone. Secondo lo stesso accordo SRM, questo consiglio “è un tipo completamente nuovo di struttura organizzativa del sistema UE”. Esso affiancherà il potente supervisore bancario unico (SSM) già istituito presso la BCE.
Le decisioni su una banca segnalata dal SSM dovranno essere elaborate dal consiglio del SRM e mandate alla Commissione per l’approvazione. Solo se la Commissione disapprova la proposta, saranno contattati i governi. La Commissione ha bisogno del sostegno dei ministri finanziari per respingere la proposta del consiglio SRM. Come si vede, i governi non hanno diritto di parola, tranne che per eventualmente sostenere l’opinione della Commissione. Il caso in cui i governi abbiano opinioni diverse dal SRM e dalla Commissione non è semplicemente contemplato.
La procedura generale per gestire le banche in crisi è codificata nella bozza di Direttiva su Liquidazioni e Salvataggi Bancari (BRRD) applicabile a tutti i 28 stati membri dell’UE. Assieme al trattato intergovernativo SRM, il contenuto della BRRD è frutto dell’accordo raggiunto al vertice UE di dicembre. L’EIR Strategic Alert ha ottenuto una copia della bozza, un documento di 336 pagine poco conosciuto.
Temendo una reazione pubblica dopo lo scandaloso prelievo sui conti bancari imposto a Cipro, le autorità UE avevano solennemente promesso che i conti delle piccole e medie imprese (Pmi) sarebbero stati meglio protetti, e che i depositi al di sotto dei centomila euro non sarebbero stati toccati (ovviamente entro i limiti del sistema di garanzia dei depositi). Di fatto, sotto “circostanze straordinarie”, i conti delle Pmi saranno privilegiati tra i creditori non assicurati. Tuttavia, permangono le priorità assegnate ad altri, tra cui i derivati, che in una crisi renderebbero insignificante la protezione alle Pmi.
I creditori privilegiati in caso di una banca insolvente saranno i possessori di debiti assicurati (compresi gli strumenti di copertura del rischio, cartolarizzazione e controparti per quei titoli, secondo l’Art. 68 (2), e tutti i debiti con maturità inferiore ai sette giorni. Non si dice esplicitamente che i derivati sono sacri, ma di fatto lo si stabilisce.
La direttiva sulle procedure di bail-in può essere applicata solo se il Trattato SRM verrà RATIFICATO DAI PARLAMENTI NAZIONALI E DAL PARLAMENTO EUROPEO. I leader dell’UE sperano di farcela prima delle elezioni europee di maggio, nel TIMORE CHE UN NUOVO PARLAMENTO EUROPEO A MAGGIORANZA EUROSCETTICA RENDA IL COMPITO IMPOSSIBILE.
Finora i parlamenti nazionali hanno ratificato tutti i trattati UE, sistematicamente svendendo la sovranità nazionale e tradendo la costituzione. Questa è per loro l’ultima possibilità di redimersi, votando contro l’orrendo trattato SRM E QUI RICHIAMO L'ATTENZIONE DEI PARLAMENTARI DEL M5S.
GRAZIE

lunedì 13 gennaio 2014




LA SVALUTAZIONE DELLA LIRA DEL 1992 (MIO ARGOMENTO DI TESI IN ECONOMIA POLITICA) E SCENARIO USCITA EUROZONA DELL'ITALIA.
La svalutazione della Lira del settembre del 1992.
Sotto il governo guidato a Giuliano Amato, nel 1992, ci fu l’ultima ...svalutazione della Lira. Anche allora, prima che accadesse, l’evento veniva descritto dalla più parte dei media come la catastrofe dell’Italia. Ma come in realtà andarono le cose?

All'epoca non esisteva l’Euro, esisteva lo SME con una sorta di valuta di riferimento, l’ECU, a cui le varie valute nazionali aderenti al sistema dovevano stare agganciate, entro una percentuale di banda di oscillazione tra il 2.5% e il 6% (fra cui la liretta italiana).
La mia tesi con Prof. Federico Pica doveva proprio valutare gli effetti della svalutazione e se si fosse verificato quel fenomeno economico detto effetto J (effetto gei) andamento prima peggiorativo delle partite correnti e poi migliorativo delle stesse dopo una svalutazione.
Le varie economie europee anche allora erano più o meno forti e, come oggi, più o meno ben gestite dai governi degli stati. Anche allora, come oggi, la Germania poteva vantare un’economia più solida di altri, con un sistema produttivo industriale di assoluta avanguardia e con una moneta forte che in pratica faceva da riferimento per tutte le altre economie.
L’Italia non era certo la cenerentola europea ma, come ben sappiamo, la sua economia doveva adattarsi continuamente alle conseguenze di una gestione del paese sconsiderata, miope e orientata al breve termine, frutto di una incompetenza della classe politica piuttosto diffusa, allora come oggi, che prevalentemente era, come anche oggi, prevalentemente orientata alla divisione della torta piuttosto che alla sua creazione.
Negli anni precedenti il 1992 c’erano stati degli accordi più forti fra gli stati, che avevano l’obiettivo di stabilizzare i cambi fra le valute europee aderenti allo SME. L’Italia vi aderì con la solita faciloneria ma, in mancanza di politiche di contenimento della spesa pubblica, pur partendo da un cambio che garantiva inizialmente competitività al nostro sistema industriale, dopo pochi anni si arrivò alla solita situazione. La gran parte delle aziende italiane, sia grandi che piccole, non ce la faceva più a competere nel mercato per cui o venivano tagliate fuori dalla concorrenza estera oppure, per non perdere quote, vendevano sotto costo in attesa di tempi migliori, ovvero della prossima svalutazione.

La situazione delle aziende italiane nell’estate del 1992 era generalmente molte difficile. Per quelle export oriented poi era proprio insostenibile.

Ricordo benissimo i sermoni dell’allora direttore della Banca d’Italia, Carlo Azelio Ciampi che si sgolava ogni giorno per ribadire che l’Italia non doveva svalutare e che una valuta forte obbligava l’amministrazione pubblica ad essere più virtuosa mentre l’industria privata avrebbe dovuto orientare gli investimenti verso le produzioni ad alto contenuto tecnologico con elevato valore aggiunto.

Il tutto condito dal preannuncio di sventure per l’Italia, se avessimo svalutato la nostra Lira per l’ennesima volta. A Ciampi si univa costantemente, anche allora, il forte coro di tanti politici e di tutti coloro che, da una lira forte, avevano certamente vantaggi, quali certe oligarchie economiche nazionali monopoliste, i possessori di capitali non ancora tramutati in valuta estera e la finanza in generale, specie quella che aveva interessi a livello internazionale.

Si paventarono tassi di inflazione annui a 2 cifre, perdita di fiducia dell’Italia nei mercati internazionali, bilancia commerciale ancora più in deficit, causa l’aumento dei costi delle importazioni, insomma miseria e perdita di valore per tutti. Nonostante la sciagurata ostinazione di Ciampi, ancora oggi ben onorato per i suoi servigi alla nostra repubblica, la lira dovette essere svalutata. Dopo aver esaurite tutte le riserve della Banca d’Italia, in un’ostinata difesa di una parità monetaria insostenibile, ci fu un vero e proprio tracollo della lira. In termini numerici il marco, che ad agosto 1992 quotava 750 lire per 1 marco, arrivò a fine ottobre (vado a memoria) a ben 1300 lire, per poi stabilizzarsi sui 1.050 dopo alcuni mesi. Insomma la lira in 3 mesi perse il 40% circa del suo valore antecedente rispetto al marco tedesco.

Alle banche piccole, medie o grandi non internazionalizzate non provocò nessun danno in quanto avevano impieghi e raccolta in lire e lo stesso fu per tutte le istituzioni, pubbliche e private, non indebitate in valuta estera. In ogni caso non ci furono fallimenti tali da determinare danni rilevanti alla finanza. Fortunatamente allora la globalizzazione e finanziarizzazione dell’economia erano agli albori e c’era ancora l’idea diffusa che per guadagnare il pane, o di più del pane, si doveva lavorare sodo, magari rischiando il proprio patrimonio accumulato.

Qualcuno indebitato in valuta ebbe bisogno di un po’ di tempo per riprendersi ma, normalmente, chi era indebitato in questo modo lavorava per l’estero e poteva contare su futuri incassi in valuta che generavano utili tali da compensare le perdite.

MA COSA ACCADDE NELL'ECNOMIA REALE E NEI PREZZI DEI BENI CHE I CITTADINI ACQUISTAVANO PER I PROPRI BISOGNI PRIMARI O VLUTTUARI?
Per quelli prodotti in Italia, che allora erano la stragrande maggioranza, gli incrementi dei prezzi seguirono un trend di incrementi poco più del normale. L’incidenza delle materie prime importate quasi sempre E' UNA COMPONENTE BASSA DEL PREZZO FINALE dei beni con queste prodotti. Anche la benzina ebbe un aumento ben minore dell’incremento del costo del petrolio in lire dovuto alla svalutazione.

Per quanto riguarda poi i beni voluttuari d’investimento, quali automobili o elettrodomestici di provenienza estera anche qui ci fu un incremento abbastanza modesto. Le aziende estere presenti in Italia pur di non perdere troppe quote di mercato in favore delle industrie italiane accettarono di ridurre di molto i propri margini di guadagno nel nostro mercato che erano diventati allora per loro molto elevati. Anzi , nel settore auto, molte case straniere vendettero per alcuni anni addirittura sottocosto, pur di non consegnare il mercato italiano in ampia prevalenza al costruttore nazionale.

Insomma la tanto temuta inflazione a 2 cifre non ci fu e nell’arco di meno di 2 anni si stabilizzò ai valori soliti.

MA COSA SUCCESSE INVECE ALL'ECONOMIA REALE ITALIANA COMPOSTA DA PICCOLE E MEDIE IMPRESE export oriented, ancora molto dinamiche, anche se un po’ prostrate dalle difficoltà affrontate negli anni precedenti il 1992?

Ebbene per chi non lo sapesse per queste gli anni seguenti furono di quelli che ancora oggi si possono ricordare come gli ULTIMO MIRACOLO INDUSTRIALE ITALIANO E NON VI FU IL TANTO TEMUTO EFFETTO J. IL LAVORO PER LE IMPRESE ITALIANE RIPRESE A TUTTA FORZA CON TANTISSIME COMMESSE , dapprima e per ovvie ragioni per quelle esportatrici poi, con un certo sfasamento, per tutto il tessuto industriale italiano. Il portafoglio ordini era sempre gonfio e in crescita, gli investimenti delle imprese ripresero freneticamente, gli utili si gonfiarono come da anni non si ricordava e l’occupazione nell’economia reale ebbe UN VERO E PROPRIO BOOM ECONOMICO.

Inoltre, buona parte delle lavorazioni del manifatturiero che avevano cominciato a prendere la via della delocalizzazione rientrarono precipitosamente per le ottime condizioni di competitività che l’Italia aveva riconquistato.

Insomma, l’economia reale italiana visse dopo il 1992 gli ultimi anni di grande splendore, fatto che stranamente non viene registrato né ricordato negli annali della nostra storia come tale, in quanto offuscato dalla vicenda della svalutazione, ritenuta ben più degna di menzione e di cui doversi vergognare.

Sembra un paradosso ma è proprio così.

Finanziariamente parlando, il 1992 è ricordato come l’anno della disfatta dell’Italia ma il vero effetto negativo fu che il valore del nostro PIL calò bruscamente al livello che gli competeva.

Questo fu un disastro per la stragrande maggioranza degli italiani?

ASSOLUTAMENTE NO. Infatti, per effetto della svalutazione e la successiva forte ripresa dell’economia reale, la ricchezza vera degli italiani aumentò di molto negli anni seguenti il 1992 anche se il PIL nazionale, espresso in USD o ECU, ebbe bisogno di molti anni per riprendere i precedenti valori. Ciò è stato considerato una iattura dagli uomini della finanza ma per tutti gli altri non è certo stato così. In quegli anni il benessere diffuso aumentò di molto in parte, per questa volta, anche a discapito delle oligarchie finanziarie.

QUANTO SOPRA PER DIRE CHE L'USCITA DALLA EUROZONA POTREBBE NON ESSERE QUELLA CATASTROFE CHE TANTE SIRENE VANNO SBANDIERANDO CREANDO UN CLIMA DI TERRORE.
NELLA MIA TESI (CONSULTABILE SE VOLETE) IL MIGLIORAMENTO FU IMMEDIATO E L'ECONOMIA HA BISOGNO DI PROVE EMPIRICHE PER AVERE RISCONTRI E NON SOLO TEORIE CATASTROFICHE.
GRAZIE
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lunedì 6 gennaio 2014

 
 
 
LE BANCHE (SPARKASSEN) TEDESCHE FUORI DAL CONTROLLO DELLA UNIONE BANCARIA! SIAMO ALLE SOLITE CON I FAVORITISMI.
Le 417 Sparkassen sono, insieme, il sale e il lubrificante della politica tedesca. Di proprietà pubblica, riversano al pubblico i loro profitti, ma, soprattutto, con le loro attività locali di beneficenza finanziano molte delle più vistose iniziative (dalla squadra di calcio al parco per... bambini) delle amministrazioni locali nonché il grosso delle imprese locali. Chi ricorda le Casse di risparmio italiane della prima Repubblica ha un'idea dell'intreccio strettissimo che, attorno a questi istituti, si crea fra politica locale, nazionale e finanza. Su questa trincea, i politici tedeschi non hanno ceduto un centimetro. Un fondo comune europeo di assicurazione dei depositi non si farà, perché le Sparkassen non vogliono rinunciare al loro fondo di categoria e non vogliono che i loro soldi vengano utilizzati per salvare banche estranee. Le regole europee sulle riserve obbligatorie di capitale PER LORO NON SARANNO APPLICATE, consentendo alle Sparkassen di risparmiare miliardi di euro. Infine, continueranno ad essere sorvegliate DA CONTROLLORI TEDESCHI E NON DALLA BCE.
Berlino ha infatti ottenuto che gli uomini di Draghi si occupino solo di banche con più di 30 miliardi di euro di attivo, soglia che supera una sola cassa di risparmio (quella di Amburgo).
Non è un'esclusione marginale, perché, tutte insieme, le Sparkassen hanno attivi per mille miliardi di euro, su un totale, per tutte le banche europee, di 27 mila miliardi: stiamo quindi parlando del 3-4 per cento dell'intero sistema bancario europeo. Inoltre, il trattamento preferenziale delle Sparkassen ha fondamenta assai poco solide. Le banche sono tenute ad una gestione prudenziale ed agiscono solo a livello locale, ma questo non ha impedito, negli Usa di Reagan o nella Spagna di questi anni, crisi drammatiche di istituti del tutto analoghi. Basta che esploda una bolla immobiliare e i tassi d'interesse salgano all'improvviso: improbabile oggi, ma non domani. Infine, l'anello debole del sistema è la sua proiezione extralocale: le Landesbanken, emanazione, insieme, delle Sparkassen e dei governi regionali. E' attraverso le Landesbanken che lo sbandierato localismo delle Sparkassen si affaccia sui mercati internazionali.
Con esiti che sono stati disastrosi. Le Landesbanken sono state fra i protagonisti negativi della bolla dei subprime e ne sono state travolte. Poiché fanno parte del sistema Sparkassen è intervenuto l'apposito fondo di salvataggio (quello preservato nei confronti della futura unione bancaria). Ma le Landesbanken erano troppo grosse ed è dovuto intervenire il governo di Berlino. Sborsando, per il salvataggio di queste medie banche regionali, dalle tasche dei contribuenti tedeschi, ben 67 miliardi di euro. Ora, per capire perché molti pensano che l'unione bancaria che verrà trionfalmente presentata la prossima settimana sia solo una scatola vuota, basta confrontare quei 67 miliardi con le disponibilità teoriche massime del fondo di salvataggio europeo (quello che si deve confrontare con 27 mila miliardi di attivi): 55 miliardi di euro. E neanche subito. Fra dieci anni.

venerdì 3 gennaio 2014

L'IMPORTANZA DELLA DOMANDA INTERNA NELLA ECONOMIA DI UN PAESE.
Al di là delle esportazioni che sono importanti nel saldo della bilancia commerciale del ns paese ritengo però fondamentale la ripresa della domanda interna al fine di superare la crisi che oggi attanaglia la nostra economia ma non da sola. Ma chiediamoci prima: come possiamo migliorare la situazione economica facendo ripartire la domanda interna? Il reddito di cittadinanza proposto dal movimento (e che condivido ma preferirei rilanciare il lavoro con contratti non capestro di riforma Fornero e Biagi) potrebbe essere uno strumento ma...attenzione! Il cittadino che oggi riceve 600 euro al mese sicuramente con questa moneta (euro) troppo forte non comprerà quei prodotti italiani di qualità simile a quelli cinesi ad esempio e, quindi, questi soldi andranno all'estero nell'acquisto proprio di prodotti esteri più competitivi proprio per questo super euro, andando a peggiorare la ns bilancia commerciale! Il punto è sempre quello...tornare ad una moneta più adeguata alle ns potenzialità...cioè uscire dall'euro perché il tasso di cambio fa miracoli così repentini che nemmeno immaginate! Fino a quando questo non sarà possibile qualsiasi miglioramento del potere d'acquisto delle famiglie italiane non ci permetterà di dare lavoro alle ns piccole e medie imprese, strozzate da tasse troppo alte, strette creditizie (le banche non le finanziano più) e soprattutto dalla moneta troppo forte rendendo i loro sforzi di competere sul mercato purtroppo vani.
Sarò ripetitivo ma qualsiasi altra proposta di soluzione alla crisi è perdente già dall'inizio...
CHE COS'E' l’ EBA, European Banking Authority?

L’European Banking Authority, il cui acronimo è EBA, è una agenzia di regolamentazione dell’Unione europea con sede a LONDRA nel Regno Unito.

GUARDA CASO LA FINANZA INGLESE CONTROLLA LE BANCHE DELL'EUROZONA!

L’attività principale dell’ Eba è quella di effettuare degli stress-test sugli istituti di credito appartenenti ad Eurozona, questo per aument...are la trasparenza nel sistema finanziario europeo.

L’EBA valuta le debolezze nella struttura patrimoniale delle banche e per questo effettua disposizioni agli stati sovrani al fine di aumentarne la stabilità economica.

L’European Banking Authority è stata fondata il 1 gennaio 2011, data in cui ha ereditato tutti i compiti e le responsabilità del CEBS, il Comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria.

Ma qual è il ruolo dell’ European Banking Authority.

Questa istituzione europea ha il potere di annullare le decisioni delle authority, degli ombudsman e delle banche nazionali se questi organismi stessi non riescono a regolare correttamente le loro banche.

L’EBA sorpassa dunque il ruolo dell’ arbitrato e degli ombudsman e in questo caso regolamenta gli istituti di credito di Eurozona per competere correttamente fra di loro.

L’European Banking Authority regolamenta anche quelle banche nate in giurisdizioni con meno regolamentazione e che hanno vantaggi economici più alti rispetto a quelli con sede in giurisdizioni con leggi e fiscalità più severe.

L’EBA assicura che tutti gli istituti di credito di Eurozona rispettino i più elevati canoni economici dell’ Unione Europea.

SEMPRE GLI INGLESI DI MEZZO ANCHE SE NON FANNO PARTE DELLA ZONA EURO! BRAVI INGLESI...FUORI DALL'EURO MA DENTRO LE BANCHE DELL'EUROZONA!
COSA SI NASCONDE DIETRO IL PAGAMENTO DEL CANONE DI LOCAZIONE O DELLE PRESTAZIONI AI PROFESSIONISTI SOLO CON ASSEGNO O BONIFICO DAL 2014?


Dopo il governo Monti che riduceva l'uso del contante fino a 999,99 euro ora arriva un'altra misura PER RIDURRE L'USO DEL CONTANTE E RAFFORZARE IL POTERE BANCARIO!
Con la solita scusa della lotta all'evasione (di per sé encomiabile) LA NUOVA LEGGE DI STABILITA' RAFFORZA IL POTERE BANCARIO NON SOLO PER LE INNUMEREVOLI COMMISSIONI CHE SARANNO PAGATE nonché per i GIORNI DI VALUTA IN FAVORE DELLE BANCHE MA ANCHE Perché COSI' FACENDO CI SARA' MENO DENARO IN GIRO CON CONSEGUENTE AUMENTO DEI TASSI DI INTERESSE CHE CONTINUERA' A STROZZARE L'ECONOMIA E SI FAVORIRA' IL SIGNORAGGIO SECONDARIO.
LE BANCHE POTRANNO CON UN SEMPLICE CLICK DEL MOUSE "CREARE" MONETA VIRTUALE SENZA CHE QUESTA ESISTA VERAMENTE E AUMENTARE IL PROPRIO POTERE DI CONTROLLO SULLA NOSTRA VITA.
GRAZIE LETTA...SERVO DELLE BANCHE E DELLE LOBBIES!

IL FALLIMENTO ORDINATO.
 

Banche: il “prelievo forzoso” diventa legge europea. Ecco cosa cambia col fallimento ordinato.

Dall’eccezione alla regola. Avevano detto che le modalità di salvataggio di Cipro non si sarebbero ripetute, ed invece è stata creata un’apposita normativa che nella pratica consente agli Stati dell’Eurozona di ripercorrere esattamente la stessa strada.
Lo aveva preannunciato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, per poi smentire di getto a causa del panico diffusosi in tutta Europa. Ma era buona la prima : Cipro è diventato un modello.
E' stato firmato l’accordo. Da adesso in poi prima che uno Stato intervenga a salvare una banca, il prezzo sarà pagato dai correntisti e dagli investitori ed ,in molti casi, sarà molto, molto alto.
Sono in molti a pensare che le parole “fallimento ordinato” nascondano in realtà la volontà di codificare a livello comunitario il ben più famoso prelievo forzoso che anche l’Italia ha sperimentato nell’ormai celeberrimo caso del 1992.
L’accordo: dal bail out al bail in.
Che vuol dire?

L’accordo dall’Ecofin, il Consiglio di Economia e Finanza, si basa appunto sul meccanismo di salvataggio messo in atto a Cipro per evitare il fantasma default.

Dal bail out, il sistema mediante il quale è lo stato, in caso di falle, a farsi carico della copertura, si passa al bail in, il meccanismo che invece coinvolge in prima battuta i privati (e i loro soldi) e poi, eventualmente, i Governi.

Chi paga?

In caso di default di un istituto di credito i primi a pagare saranno gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti meno assicurati (le obbligazioni subordinate verranno coinvolte nel pagamento) e dai depositi bancari superiori ai 100mila euro, mentre quelli inferiori rimangono garantiti mediante una direttiva europea.

Chi non paga?

Risparmiati dal “prelievo forzoso” saranno invece i possessori di obbligazioni garantite (le ordinarie sono escluse), pensioni e salari dei dipendenti.
Ogni Governo potrà poi decidere se escludere (parzialmente o totalmente) altri soggetti dalla partecipazione al fallimento ordinato.
Quando interviene lo Stato?
L’accordo prevede che il Governo intervenga a salvare la banca utilizzando il denaro pubblico solo dopo che azionisti e creditori avranno pagato l’8% delle passività totali dell’istituto.
Ogni Stato dovrà poi costruire un fondo nazionale che in 10 anni dovrà raggiungere un livello pari ad almeno lo 0,8% dei depositi garantiti non dalle singole banche , ma da tutte le istituzioni creditizie della Nazione, utilizzandolo per il 5% degli attivi.
SIAMO SICURI CHE DIETRO IL BAIL IN NON VI SIA LA SCUSA PER METTERE LE MANI IN TASCA AI RISPARMIATORI?